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La storica Raffaella Perin – in un saggio molto interessante su cui mi baso sostanzialmente in questo articolo – affronta, soprattutto, la questione dei rapporti “interreligiosi” tra il cattolicesimo e l’ebraismo (ed anche quelli del cattolicesimo col protestantesimo) durante il pontificato di Benedetto XV. Se si studia attentamente il suo saggio, si può vedere ancora meglio (su una questione veramente cruciale come quella ebraica, la quale rappresenta la prova del nove per discernere colui che è pienamente ortodosso da coloro che non lo sono; dacché molti affrontano il problema del modernismo, del liberalismo, della massoneria, ma pochi vogliono cimentarsi con quello più scottante dell’ebraismo postbiblico), se papa Della Chiesa sia stato un Papa novatore e “postconciliare”, come sostengono alcuni neo/zeloti; oppure un Papa tradizionale e “preconciliare”, sia dal punto di vista dogmatico (vs. il giudaismo talmudico) che politico (vs. il sionismo) ed infine ecumenico (vs. il protestantesimo).
La Perin nota innanzitutto che la questione della Riforma luterana “ha avuto un ruolo non secondario nei pontificati di Pio X (quando si intrecciò con la repressione del modernismo, considerato una forma di protestantizzazione del cattolicesimo), di Benedetto XV (che respinse gli inviti a partecipare ai primi congressi ecumenici) e di Pio XI (che non solo condannò ufficialmente con l’Enciclica Mortalium animos del 1928 l’ecumenismo, ma promosse anche una vera e propria campagna antiprotestante in Italia)” (Raffaella Perin, Benedetto XV, i “figli d’Israele” e i “membri delle confessioni religiose”, in Alberto Melloni – diretto da – Benedetto XV. Papa Giacomo Della Chiesa nel mondo dell’inutile strage, Bologna, Il Mulino, 2017, 1° vol., p. 497). La storica vede giustamente una continuità di dottrina teologica e di azione politica nei pontificati di Pio X, Benedetto XV e Pio XI.
John F. Pollard, a proposito dei rapporti tra cattolicesimo e protestantesimo, sotto Benedetto XV, ha scritto che “gli aiuti umanitari promossi dalla Santa Sede durante il primo conflitto mondiale furono comparabili per estensione a quelli della Croce Rossa Internazionale” (J. F. Pollard, The Papacy in the Age of Totalitarism 1914-1958, Oxford, 2014, p. 54).
Infatti, il cardinal Pietro Gasparri, Segretario di Stato di Benedetto XV, il 22 gennaio 1915, scrisse una Lettera agli arcivescovi delle nazioni belligeranti, spiegando che il Papa intendeva non fare differenze religiose, nazionali o linguistiche nel soccorso materiale da prestare a tutti i prigionieri di guerra. Attenzione! Si parla di soccorso materiale e non di “communicatio in sacris”. Papa Della Chiesa non fu un ecumenista ante litteram, ma ebbe la carità soprannaturale che lo spinse a soccorrere, per quanto riguardava i bisogni materiali, tutte le creature umane.
È interessante notare che “quando, nel corso della prima guerra, entrambi gli schieramenti chiesero alla S. Sede di condannare le atrocità commesse dall’altra parte, la risposta fu che una presa di posizione pubblica avrebbe danneggiato gli sforzi per favorire la pace ed avrebbe messo a repentaglio il lavoro umanitario della Chiesa. Benedetto XV (Allocuzione Convocare vos, 22 gennaio 1915) aveva già condannato apertamente ogni ingiustizia da qualunque parte fosse commessa, ma il carattere di paternità universale del Papa gli imponeva di essere imparziale di fronte alle fazioni in lotta” (R. Perin, cit., p. 498) e, perciò, nessuno ebbe a protestare troppo vivamente per questa presa di posizione della Santa Sede sotto Benedetto XV; anche se bisogna precisare, come nota la storica Caterina Ciriello, che Benedetto XV già all’inizio del suo pontificato venne criticato da molte parti per i suoi “presunti silenzi”. In particolare il Papa venne stigmatizzato per non avere condannato specificatamente la brutale invasione del Belgio e venne accusato di essere filo-tedesco” (Caterina Ciriello, La prima enciclica: Ad beatissimi, in Alberto Melloni – diretto da – Benedetto XV. Papa Giacomo Della Chiesa nel mondo dell’inutile strage, Bologna, Il Mulino, 2017, 1° vol., p. 158).
Tuttavia quando, sotto il pontificato di Pio XII, si presentò una situazione analoga, durante la seconda guerra mondiale, papa Pacelli soltanto dopo la sua morte (quando non poteva difendersi) venne aggredito in maniera molto aspra dalla stampa luterana ed ebraica per i suoi “presunti silenzi” e per non aver condannato esplicitamente e pubblicamente la persecuzione degli ebrei da parte del III Reich germanico e … “la storia continua” …… … … Continua a leggere →
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