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[Apocalisse 5°] ~ Breve Commento al Cuore dell’Apocalisse: Capitolo XX [prima parte]
[Apocalisse 5°]
COMMENTO AL CAPITOLO XX
Prima parte (vv. 1-10)
Disfatta definitiva del dragone – il dragone viene legato per mille anni e poi è precipitato nell’inferno
Dopo aver parlato della rovina di Babilonia, della grande meretrice, dell’anticristo e del suo falso profeta (cap. XIX), S. Giovanni passa ora a parlare della disfatta completa di satana ossia del dragone rosso, del Giudizio universale, della fine del mondo e dell’entrata nell’eternità.
Il capitolo XX segna l’epilogo del cuore dell’Apocalisse (capp. XI-XIII; XIX-XX). Il diavolo è sconfitto, Cristo ha trionfato, la Chiesa, nonostante le molteplici persecuzioni, è salva come pure i veri cristiani.
L’Apocalisse infonde, così, nei nostri spiriti un messaggio di pace e di sicurezza della vittoria di Dio sul maligno, della Chiesa sulla contro-chiesa o, come la definisce S. Giovanni, “la sinagoga di satana” (Ap., II, 9; III, 9) e dei martiri sui loro carnefici. Se le scene descritte prima della vittoria finale e definitiva (capp. XI-XIX) possono essere cruente e apparirci terrificanti bisogna leggerle alla luce del capitolo XX e della certissima vittoria finale di Dio e dei suoi santi contro le forze del male che li hanno perseguitati durante la loro esistenza terrena e li hanno sconfitti quanto al loro corpo, ma hanno contribuito a glorificarli nella loro anima.
Tuttavia, prima di annunziare e descrivere chiaramente sin nei particolari la sconfitta di satana, l’Apostolo si riallaccia al passato e parla di un certo periodo di tempo in cui il potere del demonio sarebbe stato limitato da Dio (XX, 1-6).
“Vidi un angelo che discendeva dal cielo e aveva la chiave dell’abisso e una grande catena in mano” (v. 1). Padre Sales commenta che l’abisso è l’inferno e la catena è lo strumento di cui si servono gli angeli alla fine del mondo per ridurre e rinchiudere definitivamente il diavolo nell’inferno, dopo che era stato precipitato sulla terra col permesso di tentare gli uomini (Ap., XII, 4), impedendogli, però, con la prima venuta di Gesù di fare tutto il male che vorrebbe (La Sacra Bibbia commentata, cit., p. 673, nota 1). Landucci nota che la “grossa catena” vuol significare un potere superiore a quello, pur notevole, del diavolo (ivi).
L’angelo “lega” il diavolo, che è un puro spirito. Quindi la legatura di satana va interpretata come una “limitazione del potere” (Sales, cit., p. 673, nota 2) in senso metaforico come le altre parole del versetto precedente (“chiave, catena”) e del seguente (“mille anni”).
I mille anni
“Mille anni” indicano un “numero pieno, rotondo per significare tutto lo spazio di un tempo” (Sales, cit. p. 673, nota 2).
Secondo Landucci è un numero simbolico che indica
Dom De Monléon spiega che
Quanto al fatto che “dopo i mille anni il diavolo deve essere sciolto per poco” (v. 3) non significa, secondo Landucci (cit., p. 215, nota 3), che “sarà ridata a satana, sia pure per poco tempo, tutta la libertà che aveva prima dell’Incarnazione del Verbo. Infatti resterà immutato per sempre il fatto della sua sconfitta finale iniziata potenzialmente con il primo Avvento di Gesù. In quel breve tempo sarà solo permessa a satana una breve, violenta riscossa tentatrice (come avvenne a Giobbe), e ingannatrice, capace di rendere più difficile, ma non impossibile, la vittoria dei fedeli di Dio. Essa conoscerà la sua massima espansione e intensità col regno dell’anticristo finale (cfr. II Tess., II, 3)”.
Il millenarismo ossia il regno dei “mille anni”
Il millenarismo è un errore escatologico nato da una falsa interpretazione del v. 2 del capitolo XX dell’Apocalisse, secondo cui Gesù dovrebbe regnare visibilmente mille anni su questa terra, prima della fine del mondo. Già nel II secolo d. C. Cerinto applicò questa teoria in senso materiale, come godimento di tutti i beni temporali da parte di Israele (ricchezze, potere, trionfo politico), al capitolo XX dell’Apocalisse di san Giovanni.
Tuttavia vi è una forma mitigata di millenarismo, detta anche spirituale, che risale a Papia, il quale, in opposizione a Cerinto, intese il regno millenario in senso spirituale, come un godimento di gioie celesti. Tale forma fu ripresa in maniera più o meno temperata da qualche Padre della Chiesa (S. Ireneo, S. Giustino, S. Girolamo e S. Agostino, i quali poi la rigettarono), prima della sua condanna definitiva. Nel medioevo fu ripresa da Gioacchino da Fiore.
La Chiesa ha condannato anche il millenarismo mitigato (DB 423; S. Uffizio, Decreto del 21 giugno 1944, AAS, n. 36, 1944, p. 212; Decreto del 20 luglio 1950); mentre quello in senso carnale, di origine giudaica e apocalittica, fu rigettato sin da subito come opposto al Vangelo e dunque ereticale. Le venute di Cristo in terra sono solo due: la prima 2000 anni fa nella sua Natività, la seconda nel Giudizio universale alla fine del mondo.
Non ve ne è quindi una terza con un regno millenario temporale o spirituale (Mt., XVI, 27): Gesù tornerà sulla terra solo per giudicare “i vivi e i morti”.
Quindi il millenarismo mitigato viene comunemente reputato dai Dottori ecclesiastici (S. Tommaso d’Aquino, IV Sent., d. 43, q. 1, a. 3, quaestiuncula 1; S. Roberto Bellarmino, De Romano Pontifice, lib. III, cap. 17) come temerario ed erroneo. Secondo la retta dottrina cristiana nel regno di Dio in terra (Antico e Nuovo Testamento) vi saranno sempre delle sofferenze ed imperfezioni umane legate al peccato originale e la Chiesa sarà sempre perseguitata.
Anche Landucci commenta:
Pure dom De Monleon affronta questo problema e lo confuta alla stessa maniera (cit., pp. 325-327).
Mons. Antonino Romeo (La Sacra Bibbia, cit., p. 843, nota 1) osserva che con la prima venuta di Cristo
Mons. Romeo interpreta i tre anni e mezzo (42 mesi, 1260 giorni) in senso simbolico analogamente ai mille anni: “Mille alla stabilità, tre e mezzo alla precarietà” (ivi).
San Tommaso d’Aquino confuta mirabilmente l’errore millenarista (sistematizzato da Gioacchino da Fiore e dalla sua scuola). Nella Somma Teologica dimostra che la Nuova Alleanza durerà sino alla fine del mondo e non sarà soppiantata da un “regno millenario” (S. Th., I-II, q.106, a.4). Infatti, la Nuova Alleanza è succeduta alla Vecchia come il più perfetto al meno perfetto. Ora, nello stato della vita umana in questo mondo, nulla può essere più perfetto di Cristo e della Nuova Legge, poiché qualcosa è perfetto in quanto si avvicina al suo fine. Ora, Cristo ci introduce – grazie alla sua Incarnazione e morte – in Cielo. Quindi, non vi può essere – su questa terra – nulla (il regno millenario) di più perfetto di Gesù e della sua Chiesa.
Lo Spirito Santo, come perfezionatore dell’opera della Redenzione di Cristo, è inviato proprio da Cristo per confessare Cristo stesso, che ha promesso formalmente ai suoi Apostoli: “Lo Spirito Santo che Io vi manderò, procedendo dal Padre, renderà testimonianza di Me”. Quindi, il Paraclito non è l’iniziatore di una terza èra millenaria, ma testimonia e spiega Cristo agli uomini e li rafforza per poterlo imitare. Onde, dopo l’Antica e la Nuova Legge, su questa terra non vi sarà una terza Alleanza di “mille anni”, ma il terzo stato sarà quello dell’eternità, sempre felice nel Cielo o sempre infelice nell’Inferno.
Gioacchino erra nel trasportare la realtà ultramondana o eterna su questa terra. Il Regno, di cui parla l’abate da Fiore, non riguarda questo mondo, ma l’aldilà. Infatti lo Spirito Santo ha spiegato agli Apostoli, (il giorno di Pentecoste, del 33 d.C.), tutta la verità che Cristo aveva predicato e che loro non avevano ancora capito appieno. Il Paraclito non deve insegnare una nuovissima Legge o un altro Vangelo più spirituale di quello di Cristo, ma deve solo illuminare e dar forza per ben conoscere e ben vivere la dottrina cristiana, che ha perfezionata quella mosaica (S. Th., I-II, q.106, a.4). Inoltre la Vecchia Legge non fu solo del Padre, ma anche del Figlio (raffigurato e prefigurato da Mosè); come pure la Nuova Legge non fu solo del Figlio, ma anche dello Spirito promesso e inviato da Cristo ai suoi Apostoli. La Legge di Cristo è la Grazia dello Spirito Santo, che illumina, vivifica e irrobustisce per potere osservare La Legge divina come già nell’Antico Testamento illuminava e corroborava i Patriarchi e i Profeti, i quali, pur vivendo sotto la Vecchia Legge, avevano già lo spirito della Nuova e la vivevano eroicamente.
Quando Gesù insegna agli Apostoli che “Il Regno dei Cieli è vicino”, non si riferisce – spiega san Tommaso – solo alla distruzione di Gerusalemme, come termine definitivo della Vecchia Alleanza e inizio formale della Nuova, ma anche alla fine del mondo (S. Th., I-II, q.6, a.4, ad 4; III, q.34, a.1, ad 1; III, q.7, a.4, ad 3-4). Infatti il Vangelo di Cristo è la ‘Buona Novella’ del Regno (ancora imperfetto), della ‘Chiesa militante’ su questa terra e del Regno (oramai e per sempre perfetto) della ‘Chiesa trionfante’ nei Cieli.
Inoltre, nel Commento a Matteo sul discorso escatologico di Gesù (XXIV, 36), san Tommaso postilla:
L’Angelico si basa su tale testo per confutare l’errore gioachimita, secondo il quale la Nuova alleanza o la Chiesa di Cristo non durerà sino alla fine di tempi; egli riprende l’insegnamento patristico (specialmente del Crisostomo e di s. Gregorio Magno) e lo sviluppa anche nella Somma Teologica (I-II, q.106, a.4, sed contra). Perciò il cristianesimo durerà sino alla fine del mondo non ci sarà bisogno di una ‘terza Alleanza pneumatica e millenaria’, ma la Chiesa di Cristo è il Regno del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo, per cui non occorre sognare il rimpiazzamento del cristianesimo, basta solo viverlo sempre più intensamente.
Quindi (cfr. Sales, cit., p. 673, nota 2), secondo l’Apocalisse correttamente letta, i “mille anni” rappresentano lo spazio di tempo cha va dalla prima alla seconda venuta di Gesù (S. Aug., De civ. Dei, lib. XXX, cap. 7 ss.; S. Greg. Magnus, Moralia, lib. IV, cap. 1; S. Gir., In Is., XVII, 60). Infatti con l’Incarnazione del Verbo il potere del diavolo è stato notevolmente ridimensionato, benché sino alla fine del mondo egli possa continuare a tentare gli uomini (Mt., IX, 13; Lc., X, 18).
Inoltre p. Marco Sales (cit., p. 674, nota 4) specifica che il millenarismo, nato dalla cattiva lettura del capitolo XX dell’Apocalisse, è un errore teologico secondo cui – dopo la sconfitta dell’anticristo finale e prima del Giudizio universale – per mille anni, in senso stretto e matematico, vi sarà un regno di Cristo e dei suoi santi risorti su questa stessa terra.
Terminati questi mille anni, vi sarebbero stati il Giudizio universale, la resurrezione dei morti e la fine del mondo. Alcuni scrittori ecclesiastici (Tertulliano e Lattanzio) e persino qualche Padre ecclesiastico (S. Ireneo e S. Giustino) seguirono il millenarismo spirituae come semplice opinione e non come sentenza certa, ma vi apportarono delle restrizioni. Tuttavia la maggior parte dei Padri con consenso moralmente unanime si mostrò contraria a questa dottrina. S. Girolamo e S. Agostino che inizialmente la avevano abbracciata, la ripudiarono nella loro maturità.
Il dragone è precipitato definitivamente nell’inferno
Poi il Libro sacro riprende la profezia: l’angelo “sprofondò il drago nell’abisso e lo chiuse a sigillo affinché non seduca le nazioni sino a che siano compiuti i mille anni dopo i quali deve essere sciolto per un po’ di tempo” (v. 3).
L’Apostolo Giovanni usa tre espressioni molto forti (“sprofondare, chiudere, sigillare”) per “indicare la limitazione del potere del diavolo, che essendo legato non può sfogare tutta la sua ira contro i fedeli e la Chiesa” (Sales, cit. p. 673, nota 3).
Tuttavia, compiuti i “mille anni”, il diavolo sarà sciolto per un po’ di tempo ed allora, durante la grande apostasia (II Tess., II, 3) e il regno dell’anticristo (Ap., XI-XIII), “uscirà fuori con grande ira e muoverà guerra alla Chiesa di Dio” (Sales, cit., p. 673, nota 3).
L’Apostolo continua:
I versetti da 4 a 6 sono di difficile interpretazione (Sales, cit., p. 673, nota 4).
Secondo la lettura più comune essi ci mostrano quale sarà la sorte dei fedeli amici di Dio, elevati in cielo in contrapposizione all’inabissamento del diavolo nell’inferno.
“I troni” rappresentano i seggi del cielo destinati alle anime dei martiri e dei santi prima della resurrezione dei corpi, le quali regnano in cielo dopo la loro morte e partecipano al Giudizio universale assieme a Gesù sommo Giudice (Mt., XIX, 28; I Cor., VI, 2 ss.).
La parola “bestia” normalmente designa l’anticristo finale, ma qui è evidente che in senso stretto essa si riferisce a satana poiché l’anticristo apparirà solo verso la fine del mondo, mentre qui si parla dei santi e dei martiri di tutte le epoche. Inoltre in tutte le ere vi sono gli anticristi iniziali o i precursori dell’anticristo finale. Quindi in senso largo si può dire che i fedeli di tutte le epoche non hanno adorato la “bestia” o l’anticristo finale e venturo nella persona dei suoi precursori già venuti e soprattutto nella persona demoniaca del suo capo e ispiratore che è satana (Sales, cit., p. 674, nota 4). Questi santi regneranno con Cristo in cielo “per mille anni”, vale a dire “per i secoli dei secoli” (A. Romeo, cit., p. 844, nota 4).
Al versetto 5 l’Apocalisse ci rivela che “gli altri morti poi non vissero, fintantoché siano compiuti i mille anni”. Padre Sales commenta: “i peccatori morti in disgrazia di Dio, ossia morti non solo quanto al corpo, ma anche quanto all’anima, non vissero, cioè non ebbero parte alla vita eternamente beata nel paradiso” (cit., p. 674, nota 5).
Poi il Libro sacro continua:
Chi muore in grazia di Dio non soffre la seconda morte, ossia quella dell’anima con la conseguente dannazione eterna.
Al versetto 7 l’Apostolo riprende il tema dei mille anni di incatenamento di satana e del successivo scatenamento. Quindi introduce il tema dell’ultima battaglia tra Dio e satana e della sua sconfitta:
Padre Sales commenta:
Landucci annota:
Un fuoco spedito dal Signore
Tuttavia a questo ultimo formidabile attacco, guidato dall’anticristo, corrrisponde “un fuoco spedito dal Signore, che divorò tutte le empie genti: e il diavolo che le seduceva fu gettato in uno stagno di fuoco e di zolfo, dove anche la bestia e il falso profeta saranno tormentati di notte e di giorno per i secoli dei secoli” (vv. 9-10).
Sales commenta:
Landucci commenta:
Come non collegare tale previsione ai tristissimi giorni nostri? Umanamente parlando la lotta tra la contro-chiesa e i fedeli della Chiesa di Cristo è sproporzionata.
“Le porte degli inferi” hanno raggiunto una profondità, un’espansione ed un parossismo di sovvertimento intellettuale, morale e spirituale che nessuna forza umana potrebbe resistere loro.
Dom De Monléon ne dà un’interpretazione simile, ma più mistica e simbolica:
A partire dal versetto 11° l’Apostolo e Profeta descrive il Giudizio universale eseguito da Gesù assiso su un “trono candido”. Siccome la materia comincia a diventare vasta e profonda mi fermo qui per non tediare il lettore ed in un prossimo articolo commenterò la seconda parte del capitolo XX dal verso 11° al 15°.
d. Curzio Nitoglia
30/12/2014
http://doncurzionitoglia.net/2014/12/30/apocalisse-5-xx-1/
https://doncurzionitoglia.wordpress.com/2014/12/30/apocalisse-5-xx-1/
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